Gabriele Meligeni
Gabriele Meligeni nasce a Corigliano il 23-3-1943 da Francesco e da Fiorina Malagrinò. Fin da giovane abbraccia l'ideologia comunista e diviene affermato dirigente del P.C.I. locale, con largo
seguito popolare. Sposa Anna Maria Pirillo il 31-1-1972 a Napoli, città ove consegue la Laurea in Architettura. Più volte consigliere comunale, è sindaco di Corigliano dal 22-1-1973 al 22-2-1974
e, successivamente, dal 10-9-1980 al 2-11-1983. Nel 1986 G. Meligeni pubblica Frammenti - Fra arte e ideologia 19721985, opera nata insieme dalla intensa militanza politica e dalla lunga ricerca
figurativa dell'autore, unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori pittori di Corigliano nella seconda metà del '900. Nel volume l'autore esprime brevissimi giudizi, quasi dei flash, tra
l'ironico ed il satirico, su tipi - situazioni - relazioni - caratteri, colti durante l'esperienza di dirigente di partito e di consigliere comunale dal 1972 al 1985, affiancando ad ognuno di
essi un disegno illustrativo di chiara derivazione ideologica. Le condizioni di salute nel 1985 sottraggono il Meligeni, inaspettatamente, all'impegno politico. Muore, dopo tanta sofferenza, nel
2006.
(Enzo Cumino)
In ricordo di Gabriele Meligeni
Era di gennaio,il giorno in cui Gabriele Meligeni si accomiatò. Cosi ho iniziato il racconto ad un giovane pescatore,alcuni giorni orsono... L´uomo che aveva dato ,come nessun altro voce ai subalterni della nostra Città, si avviò verso ...quell´ultimo vecchio ponte... con la consegna del silenzio e della discrezione,tratti che nell´intimo caratterizzavano la sua persona,cosi lontana dai clichè dei "non luoghi " mediatici cui oggi siamo abituali frequentatori,laddove, per dirla con le parole di Enzo Bonofiglio,suo amico di sempre..non si curano dei contenuti della politica,ma delle apparenze. A pochi uomini è concesso interpretare nella vita e nella morte,le ansie e le contraddizioni,l´ascesa e la caduta,il sogno e la sconfitta del suo tempo e del suo popolo,e forse anche delle idee nelle quali credette ed alle quali uniformò l´intera esistenza. Nato tra i "Vasci"all´ombra del Castello,da famiglia che viveva nel quotidiano disagio,riusci a coniugare in maniera coerente la Sua emancipazione individuale,con quella del suo ceto sociale,unendone i fili esistenziale in un indissolubile connubio,che non si sarebbe mai spezzato.Nè confuse la propria emancipazione materiale dal"bisogno",con il conseguimento di equivoche e dubbie rendite di posizione individuale,che intellettualmente significano la resa ai codici valoriali della società borghese,finendo col perdere la battaglia politica sin dall´inizio. Laureatosi in Architettura a Napoli,città che amava profondamente,la elesse a capitale ideale del Meridione che sulla scia delle lotte contadine del secondo dopoguerra scriveva finalmente una pagina di reale emancipazione politica , morale e materiale.La Sua elezione a Sindaco della Città,fu parte integrante di quel movimento di liberazione che sembrò permeare si sé il mondo intero. Negli anni 50/70del secolo scorso ogni contrada del pianeta terra fu investita dall´idea della trasformazione radicale dei rapporti di proprietà e di produzione. Sembrò !Ma non fu! La storia si incaricò "di deviare il treno su un binario morto"!! Per ragioni insussistenti una mano incauta della giustizia firmò un mandato che fermò e deragliò su altri binari quella storia nella nostra città,a nulla valsero le scuse del poi....la sua Fiat 131 che sbandava lentamente segnò l´ inizio dell´oscurità,del silenzio della dimenticanza. Eppure qualcosa è rimasto sedimentato nel profondo del suo Popolo,che ancora ne ricorda i tratti fiabeschi del suo arrivo in moto da Napoli con la moto di grossa cilindrata,alla maniera di un indimenticabile personaggio di Carmine Abate,e quando si intercettano i sentimenti profondi come capitò alcuni anni orsono con la incredibile affermazione di Armando De Rosis,o di Giovanni Pistoia,uomini di fortissime aderenze ideali al tempo che fu anche di Gabriele, il rimosso torna a materializzarsi con l´entusiasmo incontenibile che tracima paure e compromessi,ed indica quanto viva e profonda sia l´anima democratica e libertaria della nostra Città.E´ l´utopia che ritorna,che nasce dal dolore e dalla consapevolezza che le ingiustizie esistono perché c´è troppo silenzio ad avallarle. Gabriele Meligeni dipinse la rabbia ed il dolore sui volti degli ultimi, simili ai tanti che fagocitati dalla apparente quiete sociale del nostro tempo sono stati risucchiati nell´oscurità e nel silenzio,siano essi migranti nei campi di Sibari o di Rosarno,o precari autoctoni nei call center aperti a tempo determinato,tanto per attingere ai finanziamenti,siano le ragazze che non possono maritare perché un figlio concepito comporta cristianamente il licenziamento in tronco,od il nostro Sud con reddito pari ad 1/3 di quello del nord,. Le donne chine sotto l´ombra degli ulivi dipinte nelle sue tele,sono testimonianza dell´oggi per chiunque abbia occhi per 1 / 2 n ricordo di Gabriele Meligeni Scritto da Email utente Sabato 23 Gennaio 2010 13:34 - vedere,e l´urlo di dolore di una donna costretta all´aborto clandestino,rievoca le pulsioni regressive che nel nostro oscuro tempo, dove si stanno svuotando progressivamente di contenuti i dettami del concilio vaticano secondo,ancor prima di secoli di lotte operaie,i suoi tratti di penna dedicati ai compagni coriglianesi sono arte ed ideologia che ripercorrono sentieri recenti,attraverso fisionomie e storie che la nostra città ha respinto troppo presto nel limbo Di Gabriele Meligeni si parlerà ancora,dei suoi scritti,della sua arte ,del suo ruolo storico,perché ancora con le parole di Guccini a .."noi piace pensarlo ancora dietro ai motori,mentre fa correr via la sua macchina a vapore, e che ci giunga un giorno al notizia di una locomotiva,lanciata bomba contro l´ ingiustizia..." Sono ricordi e riflessioni personali,che consegno alla mia Città,ai giovani che non hanno visto ed a quanti piu´ avanti negli anni possono testimoniare giorni ed eventi dove tutto sembrava possibile,persino l´assalto definitivo al cielo delle disuguaglianze umane e terrene. Una Città vive di scambi,scriveva Italo Calvino,ricordandoci che questi scambi non sono soltanto scambi di merci,sono scambi di parole,di desideri,di ricordi ...". E questo tempo arido e terribile tende a strapparci persino i ricordi. Ma ogni volta che arrossiremo di rabbia o di vergogna di fronte ai soprusi ed alle prepotenze, e troveremo la forza di guardare dentro di noi per spezzare quel filo di ignavia che ci tiene vincolati alla quiete delle nostre consuetudini, ogni volta che troveremo la forza di incrociare storie e destini, coniugandoli ad una idea che di lotta e liberazione plurale, che rinnova se stessa, nei tratti inconsueti del nostro impegno ,l´esempio di Gabriele rivivrà ancora,ed allora ricordandolo lo ritroveremo al nostro fianco con il suo sorriso istrionico e beffardo . Quel giovane pescatore ora sa che la nostra città ha un debito profondo con uno dei suoi figli migliori.
(Angelo Broccolo)