Francesco Dragosei
Notizie su Don Ciccio Dragosei
Lo stantuffo non funziona ma don Ciccio non si arrende
Parigi, 28 dicembre 1895: in un locale sotterraneo del Grand Café, in Boulevard des Capucines, è organizzata la prima rappresentazione pubblica a pagamento del " cinematografo Lumière ". La attrezzatura è sommaria: uno schermo di tela, un centinaio di sedie, un proiettore sistemato alla meglio su uno sgabello. Il successo è scarso. La stampa, anche se invitata, non si presenta; gli spettatori sono solo trentatré. Passano pochi giorni, però, e il pubblico comincia ad affluire sempre più numeroso, tanto che la polizia è costretta ad intervenire per evitare incidenti. E' nato il cinema, e da Parigi si diffonde ben presto in tutto il mondo. Nelle "sale" non venivano proiettati films come noi li intendiamo oggi. Erano brevi "quadri" animati, che si ispiravano alla vita quotidiana. Ci vorranno alcuni anni perché gli autori comincino a produrre spettacoli più lunghi, ma il successo del cinema appare subito inarrestabile. Nel 1907 sono già attive 52 sale cinematografiche a Roma e 70 a Napoli. E in periferia, nei paesi, a Corigliano, per esempio, quando e come arriva la nuova forma di spettacolo? Non bisogna aspettare molto. Già nel febbraio del 1900, ci informa II Popolano, "è stato in paese il sordo muto Enrico De Gaetani col suo cinematografo Lumière che ha molto divertito il pubblico, eseguendo anche abilmente le ombremani, per cui riscosse non pochi applausi". E' la fase in cui il cinema cerca di guadagnarsi uno spazio accanto alle forme di spettacolo più "nobili", come il teatro, il melodramma, la lirica. I pionieri come Enrico De Gaetani girano di paese in paese, di fiera in fiera, chiedendo ospitalità in locali di fortuna o più spesso arrangiandosi all'aperto, con il loro proiettore sottobraccio. Certamente tra il pubblico del sordo muto De Gaetani c'è anche Francesco Dragosei, il popolare don Ciccio, direttore del Popolano, nonché impresario musicale ed esponente di spicco della vita politica cittadina. Dragosei, gran "sperimentatore" di novità, sempre alla ricerca di occasioni in cui coniugare guadagni e divertimento, avrà un ruolo importante nel cinema a Corigliano. Per alcuni anni non ci sono sviluppi significativi. Il "cinematografo" in periferia continua ad essere una forma di spettacolo occasionale, come il circo. A Rossano, ad esempio, nel febbraio del 1904 un programma di "rappresentazioni Cinematografiche" viene organizzata nel Teatro Rossanese. "Splendidissimi quadri ogni sera - annota il cronista su Gioventù Calabrese -; quantunque dapprima non si era apprezzata la bellezza di tale spettacolo, ora tutti accorrono ad ammirare". Ecco alcuni titoli delle brevi scenette proiettate: L'incontro dei treni, La rivista dei bersaglieri a Roma, Rapimento di una bicicletta fatta da un finto storpio, Le gesta di un mariuolo celebre. La "Passione di Cristo" ha l'onore di due repliche, attirando anche la curiosità di preti, monache ed orfanelle, tanto che "Monsignore accordò loro il permesso di intervenire ed il teatro fu quella sera riservato esclusivamente per essi". E' probabile che don Ciccio Dragosei fin d'allora cominciasse a pensare al cinema come possibile forma di spettacolo da organizzare in modo più stabile. Durante i suoi frequenti viaggi a Napoli certamente doveva essersi accorto che la nuova "arte" cominciava ad assumere dimensioni commerciali di rilievo e quindi bisognava darsi da fare per inserirsi nell'affare. Per sua sfortuna comunque proprio in quegli anni, fra il 1904 e il '906 ebbe la disavventura di finire in carcere per l'omicidio della moglie Teresa Fanelli, sorpresa con il suo amante. Fu una vicenda sensazionale, proprio per il rilievo dei personaggi implicati. Finì bene, per lui, dato che i giudici del tribunale di Messina lo mandarono assolto perché "in stato di incoscenza al momento del fatto", ma ovviamente trascorse alcuni anni assai difficili. Dobbiamo quindi arrivare al 1911 per avere un vero e proprio cinema a Corigliano. Nel marzo di quell'anno il Dragosei ottiene in concessione dal Comune l'uso del teatrino comunale "Principe di Piemonte", che era stato costruito attorno al 1894 in un'ala del convento dei Riformati. Le cose però non vanno per il meglio: la macchina da proiezione comprata di seconda mano a Napoli si rivela difettosa. L'apertura prevista per il mese di aprile viene rinviata. A maggio, altra falsa partenza. I concittadini cominciano a "sfottere" Don Ciccio, la vicenda del nuovo cinema diventa una specie di telenovela popolare che appassiona tutti. Persine sul suo Popolano un corsivista si diverte sull'argomento: "La prima sera, scrive, il nuovo cinematografo... internazionale ha fatto... cilecca, perché... lo stantuffo... del motore non ha funzionato". La caparbietà di Dragosei è però proverbiale e alla fine riesce a spuntarla lui. Il 20 agosto 1911 il Popolano può annunciare - con malcelata soddisfazione - che le proiezioni presso il "Cinematografo internazionale" sono finalmente cominciate. Il successo non manca, tanto che alcuni giorni dopo, il 1° settembre, viene addirittura organizzata una "serata per signore" che vede la presenza di tutta la migliore gioventù femminile del tempo. Il Popolano segnala che durante lo spettacolo "regnò un ordine perfetto, non turbato da nessun lazzo incomposto". Intervengono, fra le altre, "la signora e la signorina Spezzano, la signora e la signorina Ariani, la signora Cilento, la signora Romanelli, la signora Tricarico con le sorelle signorine Palma, le signorine Salatino, la signorina Pazzi, le signorine Tieri, le signorine Fiore, la signorina Meligeni, le signorine Stramezzi, la signora e le signorine Garofalo, ecc. ecc.". Il prof. Michele Stramezzi, stimato educatore del locale Ginnasio Garopoli, si entusiasma a tal punto da inviare al "carissimo don Ciccio" un viatico riconoscente per aver introdotto a Corigliano la nuova arte, "non badando a sacrifici e incurante di qualunque guerricciola vigliacca e incivile", tanto che conclude orgoglioso l'esimio professore - difficilmente trovasi ora in altro paese una macchina la quale come la vostra lavori a perfezione". Il cinematografo comincia così regolarmente a funzionare, puntando soprattutto su pellicole eroiche, patriottiche, educative, tipo L'Inferno, la Gerusalemme Liberata, la Caduta di Troia o addirittura la Caduta di Bengasi, a proposito della quale il Popolano si premura di ricordare che si tratta di una "bellissima cinematografia" del cav. Luca Comerio, "per la quale siamo lieti poter dire di averla vista quasi per primi in Calabria". Nell'estate dell'anno successivo il teatrino viene dotato di quattro ventilatori elettrici per far fronte al gran caldo. Ed infine il 25 luglio del 1912 arriva il primo vero film, "Santarellina" di Mario Caserini, un lungometraggio di successo in tutt'Italia, interpretato da Alberto Capozzi e Gigetta Morano. "Santarellina", tratto da un'operetta di Gustave Hervé, fu il miglior film del Caserini, tanto che si arrivò a parlare di uno stile con grandi analogie con quello del famoso Ernest Lubitsch. Siamo ormai al cinema di qualità. Da allora film belli e brutti hanno sempre fatto sognare intere generazioni di coriglianesi e per molti di essi quelle immagini in movimento hanno rappresentato la scoperta di un mondo nuovo, diverso, più libero e tollerante.
(Enzo Viteritti)
Ecco come Vincenzo Tieri ricorda il personaggio Francesco Dragosei
In un capitolo dedicato ai "personaggi" della nostra Corigliano, un posto di rilievo spetta a "don Ciccio Dragosei", straordinaria figura di giornalista, editore, tipografo, musicista, impresario
teatrale e cinematografico, amministratore comunale, per oltre 50 anni protagonista della vita cittadina. Ecco come lo ricorda Vincenzo Tieri in alcuni brani di uno stupendo articolo apparso nel
1961 sul "Cor Bonum". La mia adolescenza e la mia prima giovinezza furono talmente legate alla molteplice attività di Francesco Dragosei che non so immaginarle senza di lui, giornalista, editore,
tipografo, uomo di teatro, maestro di musica, direttore della banda cittadina, soprattutto animatore di ogni attività locale. Io lo conobbi ch'ero appena dodicenne, studente delle prime classi
del ginnasio. Ero entrato nella sua tipografia-cartoleria per comprarvi un quaderno speciale che non si trovava altrove e mi sentii chiedere da lui chi fossi e che cosa facessi... Tutto ciò che
io imparai da Dragosei e tutte le attività che in maggiori proporzioni ho svolto e svolgo tuttora: giornalismo, teatro, politica; per cui, parlando di me, parlo implìcitamente di lui, del suo
giornale, della sua tipografia, che furono fucina di giornalisti e scrittori come Italo Carlo Falbo, diventato direttore del più diffuso quotidiano romano; Ostilio Lucarini, giornalista e
scrittore a Bologna; Giuseppe Tricarico, giornalista e scrittore a Napoli; Italo Dragosei e Luigi Bruno, giornalisti e scrittori a Roma; e non so se qualche nome mi sfugga. Francesco Dragosei
istruiva e addestrava tutti alle varie arti; e la sua tipografia, meglio ancora dei circoli locali e del negozio di Vincenzo Zampino, era il ritrovo di tutti i pubblicisti e uomini di lettere
coriglianesi... Da lui si sprigionava una tale vitalità che nell'immenso e complesso suo lavoro egli trovava sempre l'occasione per una litigata piena di imprecazioni e di urli. Si levava
prestissimo, entrava in tipografia con un travolgente fervore operoso, si metteva a comporre, scomporre, impaginare, stampare, vendere la mercé della sua cartoleria, incontrare i collaboratori,
spronare i tipografi in erba, scrivere articoli, poesie dialettali, drammi; e poi ricevere fornitori e consumatori, sbrigare la corrispondenza, imbastire le lezioni di musica serali che dava ai
dilettanti, prepararsi alla seduta del consiglio comunale, bere caffè. Era un bevitore insaziabile di caffè. Fra un atto e l'altro della sua fatica, metteva a bollire l'acqua per il caffè nella
macchinetta a spirito; e giù caffè a litri. Il caffè lo eccitava, gli rinnovava la lena. Quando uscirono le prime macchine di proiezione cinematografica, egli ne acquistò subito una e la installò
nel teatro Valente, talché Corigliano ebbe il suo cinema fra i primi paesi della Calabria, con un operatore napoletano, certo don Gennaro, forse Gargiulo, che diceva Sardanàpule per Sardanapàlo.
Né quella cinematografica fu la sola sua attività nel campo dello spettacolo: egli scritturava per il teatro locale piccole compagnie di prosa... Non so se io sia riuscito a dare un'idea di quel
che fu Dragosei per il nostro paese: una fonte di energia, di operosità, d'iniziative ovunque strenuamente da lui difese: in piazza, in consiglio comunale, sul giornale. La sua cultura non era
vasta né profonda ma infinitamente varia; inquiete e instancabili erano le sue curiosità intellettuali e sociali, acutissimo il suo fiuto di quel che andava e di quel che non andava; numerosi gli
interessi materiali e spirituali che ne facevano il promotore delle più importanti attività cittadine. Egli aveva editorialmente la stoffa dei Rizzoli e dei Mondadori; giornalisticamente quella
degli Chauvet; nel campo dello spettacolo quella dei Suvini, dei Papa, dei Paone; nel campo musicale quella dei Vessella. Levate un uomo come lui dall'ambiente comunale inevitabilmente angusto, e
avrete un grande editore, un giornalista di fama, un capitano d'industria.
(Enzo Viteritti)
Per altre notizie, ti suggerisco un articolo di Vincenzo Tieri pubblicato sul N. 1 e 2 del Cor Bonum del 1961. Per la lettura, clicca qui