Correva l'anno 1925

Il Monitore n. 5 del 10 febbraio 1925


Il Popolano n. 3 del 22 febbraio 1925


Correva il 1925

 

Alle ore 18 del 11 marzo del 1925, pervenne al nostro sindaco, Giuseppe Caracciolo, il seguente telegramma:

 

“Partecipo vostra Signoria sventura irreparabile nostra famiglia fine avvenuta oggi adorato fratello Guido pregandola informare cittadinanza coriglianese che amò suo figlio prediletto comune dolore.”

                                                                                                                                                    Luigi Compagna

 

 

Così il Popolano n. 4 del 14 marzo 1925, in prima pagina, commenta la triste notizia:

 

Guido Compagna

“Alle lunghe ore trascorse in silenzio fra la trepidazione e la preghiera, l'ansia e l'attesa, è succeduta la notte senza fine e senza luce.

E mai più Lo 'vedremo vivo e bello, d'una vita e d'una bel­lezza che parevan fuse a posta per rappresentare l'espressione più pura e più. alta dell'anima coriglianese.

Tornerà- Lui, nostro oggi più che ieri, Lui ardentemente a­spettato, Lui che con tutte le invocazioni della fede con tutta. a tenacia del volere, tentammo strappare alla truce Ombra,

Tornerà fra poco, ma freddo, muto, disteso nel letto ultimo; ma seguìto da una moltitudine senza mente, senza voce, senza meta.

Perchè da Lui — sempre pronto e disposto a tutta la manifestazioni di umano e civile altruismo, — da Lui — che volle nostro il Castello, tempio e asilo di filantropia cristiana­mente praticata, — veniva a Corigliano il soffio animatore e purificatore, il monito, l'e­sempio, la guida verso il bene, verso l'equilibrio, verso la con­cordia, la pace.

Ma troppo monchi e con­fusi risorgono i ricordi in que­st'ora, che non rappresenta «la squilla di speranza vittoriosa» da Lui intraveduta nelle accla­mazioni plebiscitarie onde Co­rigliano, in delirante entusiasmo, ne accoglieva la candidatura a deputato.

Guido Compagna, il figlio e protettore augusto di Coriglia­no,- il tipo più rappresentativo della virtù bruzia, è lì, muto e immobile nella bara, che fra . poco, in devoto pellegrinaggio, accompagneremo — reduce da Napoli al Castello, e dal Castello alla tomba nella Chie­sa della Schiavonia, accanto al­la salma dell'avo illustre.

 

In quest'ora nerissima. che rappresenta il più gran lutto per la nostra cittadinanza, non parole, ma devoto. Raccoglimento, ma religioso tributo di so­spiri e di lacrime.”

Il Popolano n. 4 del 14 marzo 1925

Il Popolano n. 5 del 21 marzo 1925


Il Popolano n. 6 e 7 del 15 aprile 1925


Il Popolano n. 10 del 3 marzo 1925

Il Monitore n° 11 del 20 aprile 1925, diretto da Costabile Guidi, sequestrato dalle autorità fasciste (versione originale)

(10 aprile 1925)

I Sepolcri

I gravi incidenti del Venerdì Santo

 

Il tempo cattivo, quest’anno, non ha permesso il solito pellegrinaggio ai sepolcri. Poca gente ha affrontata la pioggia persistente, come poca si è riversata nelle chiese. Una novità è stata la processione dei flagellanti della Congrega del Purgatorio di S. Pietro, la sera del giovedì, che, accompagnati dalla banda cittadina, tentarono girare per la città. Ma furono costretti a ritirarsi pel tempo cattivo. Bellissimi e riusciti i sepolcri, alcuni dei quali proprio artistici, come S. Maria Maggiore, rappresentante le tre Croci, S. Francesco ecc.

Il mattino del Venerdì, col tempo rimessosi al bello, fecero il giro della città, accompagnati dalla banda, i flagellanti delle tre Congreghe di S. Maria maggiore.

La sera, poi, uscì la processione popolare dell’Addolorata e dei Misteri, che si riconnette e ricorda le Sacre Rappresentazioni.

In Piazza Cavour predicò il Rev. Ca. D. Mariano Renzo. La processione riprese il suo giro accompagnata da una folla immensa di popolo. Arrivata in Piazza del Popolo, gremitissima di gente, doveva aver luogo la seconda predica. Ma la mesta e imponente cerimonia fu turbata da un deplorevolissimo incidente, non degno di Corigliano, e per colpa delle autorità tutorie, che in ogni occasione dimostrano la loro inettitudine e la loro malafede.

Per ben due anni la processione percorse tutte le vie della città, non esclusa Via Roma, ch’è l’arteria maggiore, e le sue adiacenze. Per spirito partigiano ed astioso, degno di miglior causa e che ricorda le lotte medievali fra rioni e rioni, il sindaco diede ordine che la processione non doveva percorrere detta via. Mentre la Piazza, gremita di gente d’ogni età e d’ogni sesso, presentava un quadro meraviglioso, partirono delle grida reclamanti che la processione s’incamminasse per Via Roma. Fu il segnale della battaglia. Un fuggi fuggi spaventevole per ogni dove, grida e clamori incomposti e un rincorrersi affannoso. Il Maresciallo dei RR. CC. con pochi militi sbarra lo sbocco di Via Roma e ad accrescere la confusione si aggiungono ai carabinieri alcuni giovani militi in borghese, che con le rivoltelle in pugno e i bastoni alzati colluttano con la folla. Volano pugni e bastonate e qualcuno va a terra. E’ uno sbandamento generale. Per buona fortuna il predicatore D. Mariano Renzo rinunzia a predicare e s’allontana e con lui i preti e qualche statua dei Misteri. Così i pochi rimasti della gran folla seguono il suo esempio e la processione sbandata prende la via del ritorno.

Così, questa bellissima e solenne cerimonia che attirava numerosi forestieri, è stata irrimediabilmente compromessa per l’ignoranza e la malafede di pochi incoscienti, che mostrano chiaramente la loro inettitudine e il loro spirito astioso e partigiano, senza prevedere le conseguenze dolorose che possono avverarsi in simili casi.

Il Monitore n. 11 del 20 aprile 1925(Sequestrato dalle autorità fasciste)

(Il Popolano n.19 del 15 ottobre 1925)

Agricoltura e industria armentizia 

È purtroppo vero che tutti governi che si sono succeduti da ‘60 a questa parte hanno trascurato in modo desolante le provincie del Mezzogiorno d'Italia e la Calabria sopratutto, agevolando come meglio non si sarebbe potuto il Settentrione, che, più accorto, ha reclamato i suoi diritti, ottenendo tutto quello che ha chiesto; ma è vero anche, e sfidiamo a smentirci, che noi, non solo non abbiamo saputo domandare ciò che per diritto ci spettava, ma anche ottenuta qual che cosa, non siamo stati capaci di sfruttarla il meglio che fosse stato possibile. Guardiamo un po'l'industria,la pastorizia e l'agricoltura delle città del Nord e poi guardiamo le nostre. Da noi si fa tutto come ai tempi di padre Adamo.... e, benchè Dominedio ci abbia dato il più bel cielo del mondo, le più fertili terre che nel globo si possano trovare, pure noi lasciamo fare a Dio: Dio deve aiutarci, Dio deve far fruttificare il nostro suolo, Dio deve proteggere i nostri armenti, Dio deve far questo, Dio deve far quello, Dio deve far tutto. E sia pure; certo l'aiuto di Dio ci vuole; ma Dio dice pure: aiutato chè io ti aiuto. Fino a pochissimi anni dietro a noi si arava la terra con gli antichi aratri che tirati da buoi, appena appena sfioravano la ferra a 10 centimetri di profondità; vennero poi gli aratri più moderni consigliati dalla scienza e solo da qualche anno sono state introdotte le aratrici a motore per opera del non ormai abbastanza compianto on. Guido Compagna. Non è passato un quarto di secolo dacché la nostra ricca produzione di olive si lavorava nei vecchi trappeti, coi macinini girati da vecchie bestie e poi la pasta veniva stretta negli antichi torchi, e dieci o dodici operai sudavano sangue per ottenere una piccola parte di olio puzzolente, lasciandone la maggiore e migliore parte nella sanza che veniva venduta a intelligenti speculatori settentrionali i quali ne ricavavano tesori immensi. Ed anche per questo ramo d'industria si deve la nuova iniziativa alla benemerita Casa Compagna che fece costruire il primo magnifico stabilimento oleario di Insiti, fornito di tutti i più recenti macchinarii che i più grandi stabilimenti posseggono. Ora abbiamo molti stabilimenti grandi e piccini, diversi anche mossi dalla forza elettrica. Ma se un passo avanti è fatto nell'industria dell'olio e della semina,molto resta a fare ancora,e noi speriamo che presto si raggiunga la perfezione, specie per aumentare la nostra produzione del grano. La nostra immensa pianura, quasi tutta destinata a semina di cereali e foraggi,con le nuove leggi emanate dal Governo nazionale per i lavori di bonifica, potranno dare una produzione doppia di quella data fin ora. La nostra Amministrazione comunale, prima sempre nelle imprese di pubblica utilità, dietro invito del nostro egregio e benemerito Sottoprefetto Commendator Guglielmi, che con tatto di vecchio ed esperto funzionario dirige le sorti del nostro Circondario, ha aderito a concorrere alla spesa dei premi per i migliori e maggiori produttori di frumento ; e noi ci auguriamo che l'opera del Governo e delle amministrazioni locali valga a far moltiplicare la produzione e ci metta in condizione di non ricorrere che in minima parte ai grani esteri. Ma, se alla produzione del grano e dell'olio si va dando un maggiore incremento, resta la cultura generale dei nostri campi, la quale non risponde affatto alle moderne esigenze consigliate dalla scienza e adottate dai paesi del settentrione. Colà, da un campicello di un solo ettaro di terreno vien tratto tanto frutto che non da noi di un campo dieci volte maggiore. E’risaputa l'azione proficua che danno alla terra i concimi naturali, vegetali e artificiali. Il miglior concime è certamente quello vegetale, che da noi è il meno valutato, perché non se ne conosce la grande utilità. Se i nostri contadini raccogliessero in grandi fossi tutte le foglie che cadono dagli alberi nell'autunno, e, coperte ben bene, le facessero fermentare, dopo tre anni un tale concime varrebbe tesori, mentre a farlo costerebbe un bel niente. Certo le nostre terre non si potrebbero ingrassare tutte coi concimi chimici, perche si andrebbe incontro a fortissime spese, sebbene la produzione compenserebbe ad usura; ma vi sono i concimi naturali ; oltre a quello vegetale, vi sono quello animale e quello misto. Uno dei migliori è quello misto, cioè la spazzatura delle vie pubbliche, però saputa preparare. La spazzatura non si deve ammonticchiare in mezzo ai campi e lasciarla esposta al sole e alle piogge, perché tenuta cosi, la miglior parte verrebbe seccata dal sole e le piogge farebbero assorbire al terreno sottoposto tutto quanto di buono che resterebbe. Bisogna metterla in grandi fossati, coprirla, e farla fermentare prima di adoperarla. Ma se l'agricoltura da noi lascia a desiderare, molto di più lascia a desiderare l'industria armentizia. Com'è possibile avere buona carne da macello, buon latte, buoni latticini, forti animali da lavoro, se questi si lasciano coi rigori della stagione invernale all'aria aperta, sotto la continua pioggia per giorni e per settimane, infangati, senza pulizia, senza un giaciglio? Provate voi, o padroni di grosse mandrie di vacche, di buoi, di pecore, di capre, provate voi a stare un giorno solo sotto la pioggia e vedrete se il giorno seguente non sarete costretti a mettervi a letto. Nel settentrione d'Italia gli animali da lavoro da produzione e da macello si tengono al coperto, sono ripuliti continuamente e quando piove sono tenuti a mangiatoia. Così l'animale lavora con maggiore energia, da buon latte che produce ottimi latticini e, quando è destinato al macello, da carne ottima, abbondante e saporosa. Ecco perchè le carni delle macellerie delle grandi città sono più nutritive e più saporose delle nostre. Noi speriamo che gli agricoltori e i proprietari di bestie da lavoro leggano queste nostre povere righe, gettate così alla buona e ne traggano profitto. Sono consigli che non si pagano, che costano nulla; che si potrebbero mettere in pratica senza molte spese, e che attuati, potrebbero giovare molto agli agricoltori in generale ai massari ai proprietari di armenti ed a tutti gli industria li.

F. Dragosei

(Il Popolano N.19 del 15 Ottobre 1925)

Il Popolano n. 20 del 29 ottobre 1925


Il Monitore n° 29 del 24 novembre 1925(sostituiva il n° 29 del 20 novembre, sequestrato dal Sotto Prefetto di Rossano)

Il Popolano n. 22 e 23 del 30 novembre 1925


Il Popolano n° 24 del 20 dicembre 1925