Correva l'anno 1896
Il Popolano n° 1 del 1 gennaio 1896
Dopo la disfatta di Adua
Anche la nostra Corigliano non ha voluto esser seconda alle altre città nelle dimostrazioni contro il governo di Crispi e la guerra d'Africa. La sera del 4 cominciò a formarsi un grosso assembramento in Piazza del Popolo, donde al grido abbasso Crispi, abbasso il Ministero si mosse per via Umberto fino a Piazza Cavour. Indi rifece la stessa via e si fermò dinanzi al Casino d'Unione. Intanto il Delegato di Pubblica Sicurezza, assistito dal Maresciallo e dai Carabinieri, imponeva loro di sciogliersi, lo che fu fatto non senza che alcuni dei dimostranti siano stati dichiarati in contravvenzione.
(Il Popolano N. 5 dell'11 marzo 1896)
La festa patronale del 1896
Era il primo giorno di sole, dopo una lunga tristizia di piogge e di nuvole cinere e accavallatesi pel cielo scuro e malinconico, e l'aria, fattasi tiepida d'incanto, avea profumi di giardini fioriti e seduzioni nuove, irresistibili. Primavera s'annunziava brillando nell'azzurro del cielo, nel turchino del mare, e le prime aure del giorno 25 portavano dalle valli e dai poggi fioriti e dai boschi folti, impenetrabili, tutta un'armonia di canti, di benedizioni e di amori. Corigliano si ridestava a quella poesia mentre un agitarsi di gente festosa ed il suono di mille zampogne avvertivano che quella giornata d'incanto dovea anche essere sacra al grande eremita di Paola, al salvatore di questa città, al glorioso San Francesco. Oh come il popolo ama di tratto in tratto dar riposo al suo spirito travagliato da mille contrarietà, rievocando l'antica fede per qualche cosa, per qualcuno che vive al di fuori ed al di sopra delle nostre lotte terrene, ma invigili su noi e ci protegga e ci sollevi nell'ore dello sconforto e del duolo. Oh come il popolo coriglianese sa ed ama serbare gratitudine e venerazione al santo che lo salvò dalla più terribile delle sventure, il terremoto! E perciò tutto l'affaccendarsi, tutta l'abnegazione, tutto l'entusiasmo per festeggiarlo degnamente; e perciò la gara ad inviar doni fra quelli che il desiderio d'una vita meno tormentata trasse a cercar lavoro e guadagno nelle ormai sfruttate terre americane. Io non so da che parte incominciare nel far la descrizione di quella festa. La gran fiumana di gente accorsa da ogni parte della provincia, pittoresca per varietà di tipi, di vestiti e di atteggiamenti; lo strombettare incessante dei bambini; lo strillare continuo dei venditori, producevano, sin dal mattino, tale uno stordimento da non raccapezzarsi più, da non sapere più in qual mondo si vivesse. Poi l'ora del pontificale, pel quale, ospite del barone Compagna, era venuto espressamente l'arcivescovo di Rossano, un bell'uomo alto, dalla parola elegante, dal gesto solenne e solenne egli stesso fra tanti cerimonieri e tanti preti e tanto popolo che ascoltava reverente da lui i miracoli, la vita, la grandezza del santo. Le sue prediche furono sobrie, moderate, ma vi spirava dentro una intelligenza elettissima, una grande convinzione di verità ed un'ara potente di fede ristoratrice. Seguì la processione. Era una selva di teste che seguiva la statua del santo, preceduta da tutto il clero coriglianese, e la banda cittadina suonava le migliori marce del suo repertorio, e le donne, quelle di Acri specialmente, scioglievano all'aria le loro cantilene piene di tenerezza e di fede. Ma chi sa dire quanti spari, dove avvennero e per opera di chi? Pareva che Corigliano sostenesse un attacco dei più vigorosi, e rintronavano i monti dal frastuono e si oscurava il cielo dai nembi di fumo che si sollevavano dallo sparo delle immense, delle interminabili file di fuochi pirotecnici. E che dire degli umoristici giuochi improvvisati e dei fuochi d'artificio accesi la sera? Che dire delle belle e variopinte granate squarciatesi ad altezze rilevanti sotto il cielo stellato; delle altre indovinate combinazioni pirotecniche seminanti un'infinità di scintille stellati, mentre gli aerostati leggeri salivano, salivano sempre nell'immensità dell'atmosfera fino a dileguarsi dall'occhio stanco di seguirne il corso per vederne la fine? E di tanta festa a chi va data la lode maggiore? Oh! Non me ne voglia la modestia della commissione se faccio il nome dei suoi componenti. E sono Salvatore Cimino, Domenico Bruno, Antonio Arena e Francesco Mannara. Essi han saputo guadagnarsi l'approvazione intera, completa del pubblico, e la simpatia e la benevolenza di San Francesco. D'ora innanzi disporranno di cielo e terra e felici noi se potremo, mercé il loro appoggio, sperare sulla salute del corpo e nella salvezza dell'anima. Una sentita lode va poi data al nostro delegato di P.S. sig. Liguori ed al comandante la stazione dei RR. CC. per il modo come è stato diretto il servizio della sicurezza pubblica, perché in una festa ove concorrono migliaia di forestieri, non è successa una sola rissa. Va data lode anche alle guardie municipali. Ci facciamo poi un dovere di encomiare l'on. giunta municipale per la saggia disposizione data di tenere le cantine chiuse nei giorni festivi. Quante risse verranno ad evitarsi per tale provvedimento. All'Ill, sig. barone Compagna, sempre primo quando si tratta di far delle cose belle alla nostra città, dobbiamo tributare i meritati elogi per la parte attiva presa in occasione della festa e per la gentile ospitalità accordata nel suo splendido castello all'arcivescovo di Rossano che vi dimorò ben 4 giorni. La commissione per la festa di San Francesco ringrazia gli emigrati coriglianesi dimoranti in Buenos Aires per le 550 lire spedite al sig. Salvatore Cimino, le quali furono spese al fuoco artifiziale sparato nella sera della festa ed alla gran batteria bruciata nella piazza del Popolo; e specialmente ringrazia gli iniziatori della sottoscrizione sig. Gaetano Lacanna di Amendolara ed Alfonso Todarelli alias Martini e spera che essi l'anno venturo facciano lo stesso per preparare migliore festività ed affinchè colà l'amore verso il nostro protettore non diminuisca, ma accresca. E la suddetta commissione ha spedito in Buenos Aires a tutti gli oblatori delle belle figure, delle medaglie e cordoni del nostro San Francesco, fatti fare appositamente. Oltre l'illuminazione alla veneziana, in occasione della festa, per tutta la strada che da piazza del Popolo porta al largo Plebiscito, vi fu raddoppiata l'illuminazione elettrica. E per cura del meccanico Paolo Argentino, sulla porta della chiesa del santo era stata collocata la scritta Viva San Francesco, tutta fatta a lampade elettriche. La commissione per la festa ringrazia a nostro mezzo S.E. monsignore Dell'Olio ed i reverendi canonici della metropolitana di Rossano per il loro gentile intervento nella festa. La stessa commissione ringrazia ed elogia il corpo musicale, l'appaltatore ed i meccanici della luce elettrica ed i fuochisti De Nardi ed Albamonte e tutti coloro che con la loro opera contribuirono alla buona riuscita della festa
( 10 maggio 1896).
15 Giugno 1896 (accoglienza degli sposi Mungo-Graziani)
FIORI D'ARANCIO.
La si attendeva già da un bel pezzo la Signora gentile che nella fantasia popolare,siccome avviene a favore di persone che si ha gran fretta di conoscere,aveva assunte tutte le attraenze della bontà e della bellezza. E nel nostro popolino cosi spensierato,ma termometro infallibile dei pregi e dei difetti di ognuno,spesso ripetevasi l'augurosa e lusinghiera espressione: la giovane Signora dev'essere bella e virtuosa perché il nostro Sindaco D. Ruggiero l'ha saputa meritare. Non si sbagliava,no,il nostro popolo fantasioso e riconoscente; che'nel 28 maggio scorso il bello ed orribile mostro che corre l'oceano, corre la terra, sprigionava dalle sue viscere nella nostra Stazione ferroviaria,un vago fiore di fanciulla,sul cui volto leggevasi insieme ad una rara modestia,la gioia infinita d'un leggiadro sogno realizzato. Ella si presentò al gran numero di gentiluomini, scesi apposta alla Stazione ferroviaria per salutare la coppia fortunata, insieme al nostro giovane Sindaco, che fin quel momento, dimentico del bastone del potere, pareva cominciasse ad assaporare nel nuovo stato di dolce schiavitù, conforti e speranze e tenerezze non mai così profondamente conosciute. L'ascesa dalla Stazione ferroviaria al Palazzo del Sindaco fu addirittura trionfale. Gli sposi insieme alla distintissima Signora Fino e marito, occupavano la prima elegante carrozza, messa a disposizione dall'on.B.ne Senatore Compagna, e seguivano la Giunta Municipale col Segretario in altra elegante vettura fornita dall'On. Conte d'Alife; e poi la vittoria dei Sig.Spezzano,ed altre molte carrozze,in cui oltre di tutti gli impiegati municipali, avevano preso posto moltissimi gentiluomini e notabilità del paese. Lungo la strada ,ad ogni tratto una calca di gente ansiosa di salutare e far cadere foglie di rose sulla coppia gentile; e parati di seta e lumi accesi ad ogni balcone, ad ogni finestra; e fiaccolate e spari; tutto abbellito,tutto reso più emozionante dalla volenterosa nostra banda cittadina. La spontanea dimostrazione ebbe un seguito più cordiale nella casa dello sposo, ove attendeva, altresì, il nostro simpatico Barone Compagna, ad ove furono distribuiti a larga mano i geli preparati dal nostro inesauribile Misurelli, e confetture e rosoli squisiti. Al pranzo di famiglia, al quale oltre del Sindaco di Cervicati, venuto espressamente, e delle Signore e Signori parenti degli sposi,presero parte pochi amici di Corigliano,si brindò entusiasticamente alla felicità della nuova coppia, che ne rimase commossa insieme a quella saggia donna che si chiama Enrichetta Persiani, madre del nostro sindaco, la quale dovette certo rivivere in quel momento i bei giorni della sua trascorsa giovinezza. Alla fine del pranzo, mi rivolsi alla Signora che ha anche un bel nome: Elvira; e le domandai; siete felice, Signora? Oh ....molto,mi rispose. E per sempre,aggiunsi, gradita e gentile nostra concittadina.
(Il Popolano 15 giugno 1896 firmato Bebè)
Ringraziamento del Sindaco ai concittadini.
Cari ed egregi concittadini,vorrei potervi ringraziare singolarmente della affettuosa e brillante accoglienza fatta a me ed alla mia Signora, in occasione del nostro ingresso da sposi nella diletta città nostra. Ma poiché foste molti,quasi tutti,accetterete che io vi ringrazi dalle colonne del Popolano, esprimendovi in pari tempo la mia immutabile riconoscenza per la spontanea compartecipazione che vi benignaste prendere alla mia festa nuziale ed alla gioia della mia famiglia. La mia Signora ne e' ancora commossa ed io sono lieto averle potuto offrire nel suo giorno di nozze,il più bello,il più ambito dei doni: l'affetto dei miei concittadini. Credetemi sempre --obb. aff. RUGGIERO GRAZIANI
Gli agnellini di S. Luigi
Ieri 21, giorno di S. Luigi, il nostro Rev. Arciprete, l'innovatore del cattolicesimo, condusse in Rossano una mandria di agnellini appartenenti alla congrega del Santo, ciascuno con un mazzo di fiori in mano per ricevere la santa benedizione del nostro arcisanto Arcivescovo. E i minchioni coriglianesi guardano e tacciono!... O tempora, o mores! Apprendiamo intanto, con grande soddisfazione dell'animo nostro, che molti valorosi e volenterosi giovani han deciso di istituire una società anticlericale con lo scopo di arrestare la crescente invasione dell'insulso potere clericale nel nostro paese.
(Il Popolano N. 10 del 22 giugno 1896)
L'Arciprete ha i nervi scossi
Non avremmo mai creduto che il nostro articoletto di cronaca inserito nel numero precedente del giornale, riguardante la Compagnia di S. Luigi, avesse tanto urtato i nervi al nostro reverendissimo Arciprete. Difatti, è stata talmente forte la scossa, tanta la rabbia che si prese, che la sera stessa del giorno in cui fu pubblicato il giornale, mentre il Direttore di questo pacificamente s'intratteneva nel Caffè Misurelli, una mandria di agnellini e di montoni, suggestionati da qualche santo pastore e fatti forti da bravacci di nera condotta, incominciarono ad insolentire contro gli scrittori del Popolano ed i nemici della Chiesa. Naturalmente non mancarono dei giusti risentimenti e, se i fratelli di ... S. Luigi, per verità in troppo numero in Corigliano, non si fossero persuasi alla ritirata, difficilmente si sarebbe potuto evitare qualche buona dose di pugni e di calci, che del resto la stessa prudenza consigliava per gli ammansiti caproni del santo... pastore.
(Il Popolano N. 11 del 10 luglio 1896)
II nostro Orfanotrofio
Salvatore Serra, modesto quanto laborioso, ha fatto sorgere come per incanto nella nostra città un minuscolo ospizio per le ragazze povere, ed in men di due anni, con pochissime risorse, buona parte delle quali si devono alla munificenza dei nostri due principali proprietari Barone Compagna e Conte d'Alife, ne ha fatto un Orfanotrofio nelle vere regole. E difatti, giorni sono, vedemmo venire due monache dalla provincia di Campobasso, l'una qual direttrice dell'Istituto, qual maestra l'altra. E malgrado i grandi ostacoli messi dal nostro arcisanto Arcivescovo e dal suo segretario particolare di residenza in Corigliano, per abbattere e distruggere la benefica istituzione, sol perché non era stata messa sotto il loro arcisanto patronato, questa, quasi a loro dispetto, si consolida sempre più, e cammina a gran passi verso il suo totale perfezionamento...
(Il Popolano N. 12 dell'8 agosto 1896)
Due risse in poche ore
In sull'imbrunire del 6 corrente mese, Salatino Vincenzo fu Francesco contadino, venne a diverbio con Valente Domenico, fu Nicola, nella cantina in Vallone di S. Antonio esercitata da Tassitani Luigi. Passati repentinamente dalle parole alle vie di fatto, il Valente che fu più sollecito di imbrandire un coltello serramanico di cui era in possesso, si avventò proditoriamente contro l'avversario ferendolo gravemente nella regione posteriore del torace. L'autore ricercato attivamente dall'autorità di P.S. è stato assicurato alla giustizia, la quale, avendo riscontrato nel ferito non probabile il pericolo di vita, rimetteva in libertà l'imputato in attesa del giudizio. Nel medesimo giorno, ed a poche ore di intervallo, un'altra rissa aveva luogo in Piazza del Popolo, fra i germani Natale e Salvatore Palazzo ed il contadino Giacomo Perrone. Il movente fu tanto frivolo da non meritarne attenzione alcuna; i contendenti però alquanto eccitati dal vino videro la cosa molto sul serio e, dato di piglio alle armi, ne nacque una zuffa nella quale riportò la peggio il povero Perrone, ferito non tanto lievemente nella regione intercostale sinistra.
(Il Popolano N. 15 del 30 settembre 1896)
Viva il Sindaco, no alle dimissioni!
Domenica ultima, saputosi che il Sindaco sig. Graziani erasi dimesso, dietro il voto negativo del Consiglio per l'impianto dell'ospedale, a cui tanto teneva, verso le 10 del mattino, una imponentissima dimostrazione, con alla testa la banda musicale, si portò in casa del Sindaco e l'obbligò di andare con essa al Municipio... Arrivati al Municipio il sig. Graziani disse ch'egli non si sentiva più la forza di stare a quel posto - e ad ogni costo manteneva le dimissioni. La folla però gridava sempre: Vogliamo che ritiriate le dimissioni. Ma il sig. Graziani di nuovo a dichiarare che era impossibile. Allora il consigliere Dragosei, a nome dei dimostranti, pregò il Sindaco di voler recedere dalla presa determinazione. Al consigliere Dragosei si associò l'Assessore Cav. Spezzano. Il Sindaco però, estremamente commosso, diceva di non poter contentare i dimostranti, avendo dichiarato più volte che, se non passava l'impianto dell'ospedale, non sarebbe rimasto più a quel posto. La folla insisteva sempre e diversi dimostranti presero il Sindaco a viva forza e lo fecero sedere al seggio presidenziale. Il sig. Graziani, quasi con le lacrime agli occhi per la commozione, disse: Volete così? Ebbene io accetterò di nuovo la penosa carica, ma per voi, per il mio popolo. Grida frenetiche coprirono le ultime parole del Sindaco.
(Il Popolano N. 21 e 22 del 12 dicembre 1896)